Parliamo di…BES!

È online il nuovo format Parliamo di…, a cura di CNA Pensionati e Patronato Epasa-Itaco.

È stato pensato per rendere più fruibile ed immediata la consultazione delle principali pubblicazioni politico-istituzionali nel Paese.

In questa seconda uscita ‘Parliamo di…BES‘ verranno approfondite alcune tematiche di particolare interesse per i nostri associati riguardo al Rapporto BES 2022 curato dall’ISTAT

Il commento di Antonio Licchetta, Responsabile Nazionale  CNA Politiche Sociali e Previdenza.

Misurare il livello di benessere di un Paese attraverso altri indicatori rispetto al PIL è condivisibile e meritorio, perché alcune importanti dinamiche sociali, pure portatrici di benessere, sfuggono dal recinto del mero calcolo economico.

Anche l’ultimo rapporto sul benessere equo e sostenibile dimostra, ad una attenta lettura, come …

Che cos’è il BES?

Il rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) è un prodotto editoriale ed una linea di ricerca a cura dell’ISTAT. Il rapporto è pubblicato annualmente da circa un decennio (il primo rapporto, infatti, uscì nel 2013). L’obiettivo di fondo è quello di sviluppare indicatori sullo stato di salute del Paese che vadano oltre il Pil e che assumano come punto di partenza la multidimensionalità del benessere, ovvero descrivere l’insieme degli aspetti che concorrono alla qualità della vita dei cittadini.

Il Rapporto BES 2022 in sintesi

Prendendo come riferimento l’anno 2019 – in modo tale da valutare l’impatto della crisi pandemica e la successiva guerra in Ucraina – il grafico di sintesi qui sopra riporta l’andamento degli indicatori del Bes tra il 2019 e il 2022 per dominio.

Oltre la metà degli indicatori (53,2%) ha registrato un miglioramento superando, nell’ultimo anno disponibile, il livello del 2019; un terzo si trova invece su un livello peggiore rispetto al 2019, mentre il restante 13,8% degli indicatori si mantiene stabile sui livelli pre-pandemici. I progressi sono stati più diffusi nei domini Sicurezza, Qualità dei servizi e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, con oltre il 72% degli indicatori su livelli che indicano un miglioramento rispetto al 2019. Tra i domini caratterizzati dall’andamento complessivamente più critico negli ultimi 3 anni si trovano Relazioni sociali, Benessere soggettivo, Benessere economico e Istruzione e formazione, con la maggior parte degli indicatori in peggioramento. Sui primi due domini impattano in particolare, come si vedrà, i dati riguardanti gli over 65.

Dominio Salute

Circa la metà degli anziani con almeno 75 anni è in cattive condizioni di salute, con una quota maggiore di donne.

Al 1° gennaio 2022 i residenti in Italia che avevano compiuto i 75 anni di età erano circa 7 milioni 150 mila (pari al 12,1% del totale della popolazione), in notevole aumento rispetto ai 5 milioni 950 mila registrati nel 2010 (il 10% sul totale della popolazione in quell’anno).

Speranza di vita senza limitazioni nelle attività a 65 anni

 

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A partire dal 2014 si è osservata una riduzione nella proporzione di anziani (75 anni e oltre) con gravi limitazioni nelle attività o in condizioni di multicronicità (erano circa il 54% nel 2013) con una riduzione maggiore tra le donne (-6,1 %) che tra gli uomini (-2 %). Tra il 2019 e il 2022 si osserva, tuttavia, una stabilità nei valori registrati che risultano pressoché sovrapponibili per entrambi i sessi.

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Multicronicità e limitazioni gravi (75 anni e più)

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L’analisi della condizione di multicronicità e limitazioni gravi mette in evidenza come nel 2022 sia pari al 49% la quota di popolazione di 75 anni e più che soffre di tre o più patologie croniche o che ha gravi limitazioni nel compiere le attività che le persone abitualmente svolgono. La quota di anziani in condizione di salute più fragile è più elevata tra le donne (54,7% rispetto al 40,9% degli uomini) e aumenta progressivamente al crescere dell’età, raggiungendo il 60,9% tra le persone di 85 anni e più (rispetto al 39,2% delle persone di 75-79 anni).

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Mortalità per demenze e malattie del sistema nervoso (65 anni e più)

 

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Tra le patologie croniche che più caratterizzano questa fascia di età si confermano anche nel 2022 l’ipertensione e i problemi osteoarticolari (artrosi/artrite) che, da soli o in concomitanza con altre patologie croniche rilevate, riguardano 1 anziano su 2. Seguono l’osteoporosi (30,8%), il diabete (21,6%) e alcune patologie a carico del sistema nervoso (15%). All’interno di quest’ultima categoria, l’Alzheimer e la demenza senile riguardano quasi 1 anziano su 10 (8,3%), mentre il parkinsonismo una percentuale più bassa pari al 2,3%.

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Dominio Qualità dei servizi

Tutte e tre le aree in cui si articola questo dominio, ovvero sanità, mobilità e pubblica utilità, sono interessate dagli interventi previsti nel PNRR. Il Piano prevede, infatti, investimenti e riforme per incentivare l’economia circolare e migliorare la gestione dei rifiuti, per rinnovare il trasporto pubblico locale (Missione 2), per migliorare le prestazioni sanitarie erogate sul territorio e una più efficace integrazione di tutti i servizi socio-sanitari (Missione 6), ma anche per ampliare la diffusione delle connessioni veloci a Internet (Missione 1). Come noto gli investimenti sono accompagnati da un piano di riforme, orizzontali (PA e giustizia) e abilitanti (semplificazione e concorrenza) che puntano, poi, a migliorare a monte l’efficienza e l’equità nell’erogazione dei servizi ai cittadini. Sono quindi molti gli obiettivi del Piano che, se raggiunti, potranno avere una ricaduta nei prossimi anni sul benessere dei cittadini misurato attraverso gli indicatori del dominio. La revisione del PNRR dovrà essere molto attenta nel non tramutarsi, quindi, in un rischioso “boomerang” capace di soffocare le diverse opportunità insite in questo ambito di attività.

Posti letto nei presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari

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In Italia sono 12.630 i presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari attivi, con un’offerta di circa 412mila posti letto, pari a 69,6 ogni 10.000 persone residenti. Confrontando l’offerta con quella degli anni precedenti, si osserva un aumento nel periodo 2015-2019 da 64,4 a 70,5 e poi una lieve contrazione nell’ultimo anno. Anche queste strutture hanno risentito fortemente della situazione emergenziale dovuta al COVID-19 e hanno dovuto affrontare nuove sfide organizzative al fine di fronteggiare le emergenze del periodo.

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  1. indennità di accompagnamento
  2. tutela INAIL contro malattie professionali (prestazione esercitabile anche in pensione)
Anziani trattati in assistenza domiciliare integrata

 

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Per la popolazione anziana, con problemi di salute e perdita di autonomia, l’assistenza domiciliare integrata (Adi) consente di ricevere cure rimanendo nel proprio domicilio. Nel 2021, gli anziani di 65 anni e più che hanno usufruito di tale servizio sono 407 mila, pari al 2,9% degli ultrasessantacinquenni. In riferimento alla sola popolazione di 75 anni e più la percentuale di persone che hanno fatto ricorso all’assistenza domiciliare sale al 4,8%. Permangono comunque le disparità territoriali tra le varie regioni.

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Difficoltà di accesso ad alcuni servizi

   

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Nel triennio 2020-2022, il 5,7% delle famiglie italiane dichiara di incontrare molte difficoltà nel raggiungere almeno tre servizi essenziali tra farmacie, pronto soccorso, uffici postali o comunali, asili nido, scuole o stazioni di polizia e di carabinieri. Il mancato accesso ai servizi di pubblica utilità rende più complicata la vita quotidiana; la situazione è particolarmente critica in tutto il Mezzogiorno, dove l’8,4% delle famiglie riscontra questa difficoltà. Detto ciò, la qualità dei servizi di pubblica utilità è in continuo miglioramento in tutto il territorio nazionale e rispetto al triennio precedente 2017-2019 la quota di famiglie che hanno dichiarato difficoltà di accesso ai servizi di pubblica utilità si è ridotta dell’1,2%.

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Rinuncia a prestazioni sanitarie

Durante la pandemia, rispetto agli anni precedenti, la quota di persone che hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie ritenute necessarie era quasi raddoppiata, passando dal 6,3% nel 2019 all’ l’11,1% nel 2021. Nel 2022 si osserva un netto miglioramento, con un ritorno a quote già stimate negli anni antecedenti la pandemia: complessivamente la rinuncia si attesta al 7% con riferimento ai 12 mesi precedenti l’intervista, dato simile a quello rilevato nel 2018 (7,2%), ma più basso dei due anni più critici (9,6% nel 2020 e 11,1% nel 2021).

La rinuncia alle prestazioni sanitarie è un fenomeno anche di genere, infatti a partire dai 20 anni sono sempre le donne a rinunciare maggiormente a viste ed accertamenti, e il divario aumenta con l’avanzare dell’età.

Legenda indicatore: percentuale di persone che, negli ultimi 12 mesi, hanno dichiarato di aver rinunciato a qualche visita specialistica o a esame diagnostico (es. radiografie, ecografie, risonanza magnetica, TAC, ecodoppler, o altro tipo di accertamento, ecc.) pur avendone bisogno, a causa di uno dei seguenti motivi: non poteva pagarla, costava troppo; scomodità (struttura lontana, mancanza di trasporti, orari scomodi); lista d’attesa lunga. [Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana]

Medici di medicina generale con un numero di assistiti oltre soglia

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Nel 2020, il 38,2% dei medici di medicina generale supera la soglia massima di 1500 assistiti stabilita per legge in Italia. Tale dato è in continua crescita dal 2010 quando era pari al 25%, a causa della diminuzione dei medici di medicina generale (erano 42.428 nel 2019 e sono scesi a 41.707 nel 2020). Il peggioramento più consistente di questo indicatore è al Nord.

Dominio Relazioni sociali

Prima della pandemia, più della metà degli indicatori del dominio si trovava su livelli peggiori o stabili rispetto alla situazione di una decina di anni prima, con alcune eccezioni come la quota di popolazione che esprime fiducia verso gli altri e la quota di popolazione che dichiara di avere persone su cui contare che invece registravano una tendenza positiva. Nel 2020 gli indicatori del dominio si erano mantenuti stabili e alcuni avevano registrato un miglioramento. In particolare, le reti familiari e amicali avevano confermato il loro ruolo centrale e protettivo contribuendo ad alleviare le difficoltà di una fase molto delicata e senza precedenti come quella del lockdown. Nel 2021, invece, le persone hanno risentito più drammaticamente del protrarsi degli effetti della crisi e molti degli indicatori del dominio hanno registrato un evidente peggioramento rispetto al 2019, toccando i valori più bassi della serie storica.

Soddisfazione per le relazioni familiari

Nel 2022, la soddisfazione per le relazioni familiari e amicali presenta differenze di genere contenute a favore degli uomini; più accentuate, invece, sono le differenze per età. La soddisfazione per le relazioni familiari, infatti, è più alta tra i 14 e i 44 anni, dove la quota di “molto soddisfatti” tocca valori tra il 35% e il 40%, per poi declinare lievemente nelle età successive, fino a raggiungere il 27,5% tra la popolazione di 60-64 anni; tale quota risale leggermente nella popolazione anziana (il 31,6% nella popolazione di 75 anni e più).

I livelli di soddisfazione più bassi si riscontrano tra le persone sole e in particolare tra gli uomini soli di 55-74 anni (18,1%).

Legenda indicatore: percentuale di persone di 14 anni e più che sono molto soddisfatte delle relazioni familiari sul totale delle persone di 14 anni e più. [Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana]

Persone su cui contare

 

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Nel 2022 la quota di popolazione di 14 anni e più che dichiara di avere parenti non conviventi, amici o vicini su cui contare in caso di bisogno continua ad essere molto alta (81,0%). La possibilità di contare su una rete allargata di sostegno presenta però un andamento crescente con l’età: a partire dai 55 anni diminuisce, per toccare il valore più basso tra le persone di 75 anni e più, tra le quali, comunque, la quota rimane alta (72,4%).

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Legenda indicatore: percentuale di persone di 14 anni e più che hanno parenti non conviventi (oltre ai genitori, figli, fratelli, sorelle, nonni, nipoti), amici o vicini su cui contare sul totale delle persone di 14 anni e più. [Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana]

Partecipazione sociale

  

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Nel 2022, il 25,4% della popolazione di 14 anni e più dichiara di aver svolto attività di partecipazione sociale, prendendo parte alle attività di associazioni di tipo ricreativo, culturale, politico, civico, sportivo, religioso o spirituale. Dopo il forte calo registrato nel biennio 2020-2021 a causa delle misure adottate per contrastare l’evolversi della pandemia, nel 2022 la partecipazione sociale registra una crescita di 5,5 punti percentuali, ma rimane ancora ben al di sotto del livello pre-pandemia (31,3% nel 2019). Anche in questo caso conta l’età: l’indicatore scende gradualmente fino toccare il valore più basso tra la popolazione di 75 anni e più (13,2%).

Focus BES sul nuovo indicatore della partecipazione sociale

Legenda indicatore: persone di 14 anni e più che negli ultimi 12 mesi hanno svolto almeno una attività di partecipazione sociale sul totale delle persone di 14 anni e più. Le attività considerate sono: partecipare a incontri o iniziative (culturali, sportive, ricreative, spirituali) realizzati o promossi da parrocchie, congregazioni o gruppi religiosi o spirituali; partecipare a riunioni di associazioni culturali, ricreative o di altro tipo; partecipare a riunioni di associazioni ecologiste, per i diritti civili, per la pace; partecipare a riunioni di organizzazioni sindacali; partecipare a riunioni di associazioni professionali o di categoria; partecipare a riunioni di partiti politici; svolgere attività gratuita per un partito; pagare una retta mensile o periodica per un circolo/club sportivo. [Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana]

Dominio Benessere soggettivo

Gli indicatori del dominio hanno mostrato una evoluzione generalmente positiva negli anni precedenti la crisi pandemica, con l’unica eccezione della percentuale di quanti avevano attribuito un voto di soddisfazione della propria vita tra 8 e 10; questa proporzione nel 2012, in concomitanza con l’accentuarsi degli effetti sociali oltre che economici della grande crisi, aveva subito un calo di 10 punti, non ancora recuperato del tutto nel 2019. Tra il 2019, anno assunto come riferimento della situazione pre-Covid, e il 2021 la soddisfazione per la vita e gli indicatori sulle prospettive per il futuro si sono mantenuti generalmente sui livelli pre-pandemici, o addirittura sono migliorati, in coerenza con la reazione positiva del Paese alle gravi condizioni determinate dalla pandemia.

Nel 2022 si raggiunge la percentuale più elevata finora registrata di persone che si ritengono molto soddisfatte per la propria vita, e il valore tra i più bassi per le persone che assegnano un punteggio insufficiente. Sostanzialmente quasi nove persone su dieci dichiarano di essere molto (punteggio tra 8 e 10) o sufficientemente (punteggio 6 o 7) soddisfatte.

Soddisfazione per la propria vita

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Come senso comune insegna, la quota dei molto soddisfatti è più alta tra le persone di 35-54 anni (48,2%) e si riduce nelle fasce successive, fino al valore minimo di 39,8% tra le persone con 75 anni e più, per le quali comunque si consolida l’aumento dei molto soddisfatti registrato nel 2021 rispetto agli anni precedenti.

Legenda indicatore: percentuale di persone di 14 anni e più che hanno espresso un punteggio di soddisfazione per la vita tra 8 e 10 sul totale delle persone di 14 anni e più. [Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana]

Soddisfazione per il tempo libero

 

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Nel 2022 il 65,7% delle persone di 14 anni e più si dichiara molto o abbastanza soddisfatto per il tempo libero, 9,1 punti percentuali in più rispetto al 2021. Il recupero rispetto al crollo del 2021 è evidente per tutte le classi di età, tuttavia non è stato in nessun caso ancora raggiunto il livello osservato prima della pandemia (68,0% nel 2019).

Tra gli over 65 è presente un aumento della quota di soddisfatti per il tempo libero rispetto alle coorti precedenti(maggiormente impegnate con il lavoro e con la cura della famiglia), con la classe di età 65-74 al 69,4% e per poi calare, di nuovo, raggiungendo il 62,9% tra gli ultrasettantacinquenni.

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Legenda indicatore: percentuale di persone di 14 anni e più che si dichiarano molto o abbastanza soddisfatte per il tempo libero sul totale delle persone di 14 anni e più. [Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana]

Giudizio positivo sulle prospettive future

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Dopo aver raggiunto nel 2021 la più alta percentuale di quanti guardano al futuro con ottimismo, pensando che la propria situazione migliorerà nei prossimi 5 anni, e la più bassa di pessimisti, nel 2022 si fa un passo indietro: si registra il più grande decremento annuale degli ottimisti.

L’aumento della percentuale di pessimisti è particolarmente accentuato tra le persone di 60-64 anni (dall’11,2% del 2021 al 16,2%). E il calo drastico degli ottimisti colpisce proprio le classi di età più avanzate, fino a raggiungere il calo più pronunciato tra chi ha 75 anni e più con solo il 3,8% di ottimisti.

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Legenda indicatore: percentuale di persone di 14 anni e più che ritengono che la loro situazione personale migliorerà nei prossimi 5 anni sul totale delle persone di 14 anni e più. [Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana]

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Rapporto sul benessere equo e sostenibile. Note sul dominio Lavoro e conciliazione dei tempi di vita
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Misurare il livello di benessere di un Paese attraverso altri indicatori rispetto al PIL è condivisibile e meritorio, perché alcune importanti dinamiche sociali, pure portatrici di benessere, sfuggono dal recinto del mero calcolo economico.

Anche l’ultimo rapporto sul benessere equo e sostenibile dimostra, ad una attenta lettura, come alcuni diversi indicatori che lo compongono siano molto complessi e tra loro strettamente connessi, perché attraversati trasversalmente da dinamiche che formano un minimo comune denominatore capace di generare, appunto, benessere sociale in diversi ambiti.

Ciò si può dire, ad esempio, del dominio lavoro e conciliazione dei tempi di vita che, se pienamente soddisfatto, produce indubbi benefici su (e al tempo stesso si nutre dei benefici derivanti da) relazioni sociali, qualità dei servizi, benessere soggettivo, salute, patrimonio culturale.

Il tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che a sua volta è strettamente connesso al tema della famiglia e della natalità, è stato oggetto di recenti apprezzabili attenzioni politiche e legislative, che hanno consentito di integrare e aggiungere ulteriori tasselli al Testo Unico sulla maternità e paternità (D.Lgs n. 151/2001), all’assistenza dei soggetti con disabilità (Legge n. 104/1992) e, sul piano più strettamente lavoristico, alle tipologie contrattuali esistenti (lavoro agile e part-time su tutti).

Inoltre, particolari attenzioni al tema sono state riservate anche da parte del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con importanti risorse stanziate nelle relative missioni di competenza.

In merito ai recenti interventi normativi, è bene ricordare la Legge n. 32/2022 e il Decreto legislativo n. 105/2022, recanti, rispettivamente, “Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia” e “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori”.

A conferma della complessità del tema, e di come esso sia strettamente collegato ai diversi altri indicatori di benessere sociale sopra citati, la citata Legge n. 32/2022 contiene “disposizioni di delega al Governo per l’adozione, il riordino e il potenziamento di disposizioni volte a sostenere la genitorialità e la funzione sociale ed educativa delle famiglie, per contrastare la denatalità, per valorizzare la crescita armoniosa e inclusiva dei bambini e dei giovani, per sostenere l’indipendenza e l’autonomia finanziaria dei giovani nonché per favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro di entrambi i genitori e per sostenere, in particolare, il lavoro femminile(art. 1).

Con particolare riferimento alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, la delega al Governo, che dovrà essere esercitata entro aprile 2024, deve attenersi a taluni princìpi e criteri direttivi specifici, diretti a:

a) prevedere una modulazione graduale della retribuzione percepita dal lavoratore nei giorni di assenza dal lavoro nel caso di malattia dei figli, fatte salve le condizioni di maggior favore stabilite dai contratti collettivi di lavoro;

b) prevedere, nel limite di risorse programmate a tali fini, incentivi per i datori di lavoro che applicano le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che, ai fini dell’armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro, prevedono modalità di lavoro flessibile con facoltà dei lavoratori di chiedere, secondo le previsioni dei medesimi contratti, il ripristino dell’originario regime contrattuale;

c) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, strumenti agevolati per la disciplina delle prestazioni di lavoro accessorio riferite ad attività di supporto alle famiglie in ambito domestico e di cura e assistenza alla persona;

d) prevedere, nel limite di risorse programmate a tali fini, forme di agevolazione, anche contributiva, a favore delle imprese per le sostituzioni di maternità, per il rientro delle donne al lavoro e per le attività di formazione ad esse destinate;

e) prevedere che una quota della dotazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui alla Legge n. 662/1996, sia riservata all’avvio delle nuove imprese femminili e al sostegno della loro attività per i primi due anni;

f) prevedere il rifinanziamento del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata, di cui al D.Lgs n. 80/2015;

g) prevedere ulteriori interventi di rafforzamento delle misure volte a incentivare il lavoro femminile nelle regioni del Mezzogiorno;

h) prevedere ulteriori incentivi per favorire l’emersione del lavoro sommerso in ambito domestico, con particolare riferimento alla condizione delle lavoratrici del settore;

i) promuovere il sostegno alla formazione in materia finanziaria delle imprenditrici e alla digitalizzazione delle imprese.

Oltre ai condivisi obiettivi che il legislatore intende raggiungere con le deleghe di cui sopra, colpisce favorevolmente il coinvolgimento e il riconoscimento del ruolo svolto dalle parti sociali nei processi, anche culturali, che si intendono innescare o agevolare.

Si accennava, in apertura, al fatto che sia stata dedicata una parte non irrilevante del PNRR al tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. In effetti, e a conferma del carattere trasversale del tema, esso è rintracciabile tanto nella Missione 5 del Piano (Inclusione e coesione: Politiche per il lavoro; Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore; Interventi speciali per la coesione territoriale) quanto nella Missione 4 (Istruzione e ricerca: dagli asili nido alle università; dalla ricerca all’impresa) e 6 (Salute: Reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina; Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale).

Sugli opportuni e auspicabili interventi appena citati gravano tuttavia, al momento in cui si scrive, grossi interrogativi circa l’immediato e completo utilizzo degli ingenti fondi a disposizione. Dall’ultima relazione semestrale del PNRR, illustrata dal Ministro Raffaele Fitto, emergono infatti seri dubbi circa il rispetto dei tempi e la completa attuazione stessa delle diverse missioni contenute nel Piano.

Nella malaugurata ipotesi che ciò avvenisse, non solo l’indicatore del lavoro e conciliazione dei tempi di vita, ma anche gli altri ad esso connessi si priverebbero di un importante slancio utile ad incrementare significativamente il benessere sociale nel nostro Paese.

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